Quando si chiama in causa la cucina italiana, si apre un capitolo all’insegna dell’eccellenza. Ogni angolo della nostra penisola è celebre per preparazioni tipiche a dir poco succulente. Una di queste, è il baccalà alla veneziana, uno dei piatti simbolo della cucina veneta. Per amor di precisione, è il caso di ricordare che il nome trae in inganno. Come mai? Perché non viene utilizzato il baccalà, bensì lo stoccafisso.
Qual è la storia di questo piatto tanto semplice da preparare quanto buonissimo? Per scoprirla, non devi fare altro che proseguire nella lettura di questo articolo.
La storia del baccalà mantecato alla veneziana
Uno degli aspetti più affascinanti della gastronomia italiana riguarda il fatto che, per ogni preparazione che fa bella mostra di sé sulle nostre tavole, c’è una storia pronta a sorprenderci e a trasportarci in un mondo sospeso tra la realtà e la leggenda. Cosa si può dire in merito quando si chiama in causa il baccalà alla veneziana? Prima di tutto che sono diverse le narrazioni che vengono messe in primo piano quando ci si pongono domande sulle origini di questo piatto.
Una di queste vede come protagonista un mercante della Serenissima che, percorrendo con la sua imbarcazione la rotta verso le Fiandre nel XV secolo e passando di riflesso per il Mare del Nord, venne sorpreso da una violenta tempesta, che causò, situazione a dir poco frequente a quei tempi, la perdita di tutto il carico.
Migliore fu la sorte dell’equipaggio che, grazie alla presenza delle scialuppe, venne risparmiato dalla furia della tempesta. A seguito del tragico evento, i membri dell’equipaggio della nave mercantile arrivarono, dopo diversi giorni di navigazione, fino all’isola di Roest, facente parte dell’arcipelago delle Lofoten (in Norvegia).
Qui, secondo la tradizione, sarebbe avvenuto l’incontro fra i mercanti della Serenissima e un gruppo di pescatori locali. Grazie a questa sinergia, per i primi fu possibile acquisire alcune abitudini culinarie tipiche della zona delle isole norvegesi, come per esempio il consumo dello stoccafisso, il merluzzo nordico conservato nel tempo grazie a processi di essiccazione naturale e senza bisogno di ricorrere al sale.
Grazie al diario del comandante della nave e ai racconti successivamente tramandati a seguito del ritorno dell’equipaggio a Venezia, la preparazione sopra citata guadagnò fama.
Fama ma non subito consenso: inizialmente, infatti, i nobili veneziani non apprezzarono subito questa novità. A contribuire a un cambiamento del punto di vista generale furono i porporati del Concilio di Trento, che annoverarono lo stoccafisso tra le preparazioni utili da portare in tavola nel periodo della Quaresima, durante il quale, notoriamente, si mangia di magro e si deve mettere da parte la carne.
Dopo il punto di svolta del 1563, venne concretizzato un altro step fondamentale per la storia di questa ricetta. Quale, di preciso? L’inserimento della preparazione dello stoccafisso nel ricettario di Bartolomeo Scappi, considerato uno dei padri della cucina italiana.
Nato nel 1500 e venuto a mancare 77 anni dopo, è l’autore di quello che, ancora oggi, è considerato il più ricco ricettario dell’epoca (sono oltre 1000 le proposte di piatti da portare in tavola).
Una ricetta semplice e amatissima
Da allora di acqua sotto ai ponti ne è passata tantissima. Oggi come oggi, il baccalà alla veneziana è un piatto semplice da preparare – oltre al pesce, sono necessari pochissimi ingredienti, tra i quali è possibile citare l’olio, l’aglio, la cipolla, l’alloro, il limone, il sale e il pepe – e portato in tavola in molte occasioni. Tra le più apprezzate, rientra senza dubbio l’aperitivo. Entrando nel vivo di questo momento di convivialità, rammentiamo che, molto spesso, il baccalà alla veneziana viene utilizzato come ingredienti per dei deliziosi stuzzichini a base di polenta.